lunedì 27 giugno 2011

I braghettoni di Formigoni


La regione Lombardia ha rifiutato il patrocinio al Telefilm Festival di Milano. Il motivo? In un comunicato stampa diffuso dagli organizzatori, c'è scritto che la serie Xanadu, è "un ritratto a sfondo porno di una famiglia sull'orlo di una crisi di nervi". A quanto pare, la frase contrasta con le linee guida moralistico/familistiche imposte alla comunicazione istituzionale della Lombardia. Notate bene, a quanto ha dichiarato Leo Damerini, deus ex machina del TFF, il problema non era la serie in sé, ma le parole usate per descriverla. Peccato che Xanadu sia esattamente quello che dice il comunicato: la storia di una famiglia che possiede un impero della pornografia.
Se la Regione Lombardia avesse disapprovato la proiezione del telefilm, che contiene molte scene a luci rosse e anche parecchia violenza (com'è che questa gente si scandalizza sempre più per il sesso che per le fucilate?), si sarebbe comunque resa ridicola: vado al TFF da almeno cinque anni e non ho mai visto un bambino lì dentro. Ma almeno la posizione della Regione avrebbe avuto una logica: "disapproviamo la pornografia, non patrociniamo chi la proietta, neppure per un pubblico di gente adulta e vaccinata e neppure se le scene osè sono inserite in un contesto che mostra il lato tragico del business del sesso, con attrici che si dissanguano dopo una scena troppo intensa e giovani maniaci che, per onorare la memoria di una pornostar, compiono una strage". Moralismo coerente.
E invece no. il diktat era: si fa, ma non si dice. Damerini non si è assoggettato e addio patrocinio. Noi fanatici dei telefilm dormiremo lo stesso.
Ora, non penso che Formigoni, troppo occupato a cercare di fare le scarpe a Berlusconi, si sia personalmente interessato alla faccenda, ma, dopo sedici anni di ininterrotto potere sulla Regione, il suo stile personale è evidente anche nelle decisioni prese da servi forse un po' sciocchi. Il prossimo passo, sarà un Pirellone a fiorellini, come le famose camicie del benamato governatore? Che Dio ce la mandi buona, anzi, che alle prossime elezioni ce ne mandi uno buono.

martedì 10 maggio 2011

Un demone da sposare


Voglio sposare Bartimeus.E' ironico, brillante, trova sempre un trucco geniale per uscire dai guai e ne ha così tante da raccontare che non gli bastano quattro romanzi di trecento pagine l'uno: ha bisogno pure di un sacco di note a pié di pagina, anche più divertenti della storia principale. Ha due soli difetti, tutto sommato trascurabili: è un demone e non esiste nella realtà.
Bartimeus è il protagonista dell'omonima trilogia e di un prequel, L'anello di Salomone (Salani), uscito da poco in Italia. E'un demone, ma di infernale ha solo il carattere. Proviene dall'Altro Luogo, un universo parallelo dove non esistono corpi nè confini tra le entità che lo popolano e vorrebbe restarsene lì a fluttuare in pace, ma quei seccatori dei maghi continuano a evocarlo nel nostro mondo, dove è costretto a mettere i propri immensi (a suo dire) poteri, al servizio degli umani. E lui si vendica sfottendoli e cercando di giocare loro tiri mancini, come farli uscire dal pentacolo protettivo e papparseli in un boccone. Però, quando incontra un mago diverso dagli altri, più appassionato alla sapienza che al potere, è pure capace di affezionarcisi. Anche se non lo ammetterebbe mai.
Il racconto delle peripezie di Bartimeus inizia quando Nathaniel, un maghetto inglese alle prime armi, lo convoca per rubare L'amuleto di Samarcanda, che dà il titolo al primo romanzo, continua con l'affannosa ricerca dell'Occhio del golem e si conclude quando qualcuno avrà il coraggio di varcare con lui La porta di Tolomeo. Ma ce ne sono tante altre da raccontare. La storia dell'Anello di Salomone è solo una delle tante Porta di peripezie della sua lunghissima esistenza.
Se sentir parlare di "maghetto inglese" vi ha fatto venire uno sbadiglio di noia, sappiate che Nathaniel è quanto di più diverso da Harry Potter si possa immmaginare. Tanto per cominciare, è un po' stronzo e si trova molto bene tra gli intrighi del Governo. Nell'anello di Salomone, poi, non c'è traccia di maghetti e atmosfere gotiche: si svolge tutto tra Gerusalemme e il Regno di Saba, un bel po' avanti Cristo. A evocare Bartimeus è una giovane guerriera - una tremenda rompiscatole, dal suo punto di vista - che vuole assassinare Salomone. Soprattutto, i maghi di Jonathan Stroud non hanno poteri magici. E, allora, come fanno a compiere prodigi? Semplice, scocciano gli spiriti dell'Altro Luogo, vincolandoli grazie al potere della parola. Non è fantasy, è l'incantesimo che fa Stroud ai suoi lettori: la Trilogia (ora quadrilogia e, spero, presto pentalogia, esalogia...) di Bartimeus è una mappazza del peso e delle dimensioni di un mattone, ma una volta che l'avrete aperta, ve la porterete anche in bagno e sul tram. Siete avvertiti.
P.S. Ho controllato: mister Stroud, purtroppo, è già felicemente sposato.

sabato 24 luglio 2010

Lettera aperta a Umberto Eco

Nella sua rubrica sull'Espresso di questa settimana, Umberto Eco sostiene che l'abitudine di tenersi per mano sia un fenomeno "limitato alle classi inferiori", dato che " Si tengono per mano persone senza cravatta, con quei curiosi cappelli di lana tirati sulla fronte che farebbero apparire cretino anche Einstein, di solito con maglioni alla Marchionne, piccoli commercianti o coltivatori diretti (forse votanti per la Lega, ma non escluderei qualche ex comunista), operai o statali di bassa categoria." Questo comportamento suscita in lui "un poco la stessa impressione che facevano un tempo quelli che in seconda classe mangiavano arance sul sedile di fronte." Il porcello non è una animale noto per l'eleganza, quindi non sono un genio del bon ton, ma dato che Eco invitava i lettori a scrivergli le proprie opinioni e che sono in possesso del suo indirizzo di posta elettronica, gli ho scritto questa lettera:

Chiarissimo professor Eco,

la ringrazio per il suo illuminante intervento sull'Espresso di questa settimana. Per mia sfortuna, sono nata in una famiglia piccolo borghese, con due genitori che si sono incontrati perché entrambi vincitori di un'umile borsa di studio Fulbright e per tutta la vita hanno svolto le vergognose mansioni di insegnante e docente universitario. Sono stata istruita in scuole e università pubbliche dove i docenti, imperdonabilmente, si concentravano più sull'analisi matematica e la Divina Commedia che sulle regole fondamentali del saper vivere.

Sono quindi sempre molto grata gli intellettuali come lei e Lina Sotis, che permettono agli individui svantaggiati come me di apprendere le regole di comportamento delle classi superiori. Altrimenti, saremmo in balia di deleteri modelli d'oltreoceano come Barack e Michelle Obama, che esprimono tenendosi per mano la propria palese insoddisfazione per le condizioni di miseria umana, culturale ed economica in cui sono costretti a sopravvivere.

Pensi che, addirittura, fino alla lettura del suo intervento, talvolta consumavo arance negli scompartimenti ferroviari di seconda classe, pensando assurdamente che, per dimostrarsi una persona educata, bastasse offrirne ai vicini, non sporcare e portarsi via le bucce.
A proposito, mi permetto di chiederle: esiste un alimento che si può consumare nelle carrozze ferroviarie senza destare l'altrui ludibrio?
Non vedo l'ora di pubblicare nel mio blog porcelliconleali.blogspot.com la sua risposta, che può aprire la mente a tanti sfortunati piccoli borghesi come me.


Cordiali saluti
Elena Porcelli


P.S. Durante una delle nostre abituali passeggiate mano nella mano, il mio fidanzato sosteneva che un hacker fascista si dev'essere introdotto nel sistema editoriale dell'Espresso, sostituendo la sua rubrica con una volgare parodia del peggiore snobismo radical chic. Se così fosse, la prego di ignorare questo messaggio.

Vi farò sapere se il professor Eco mi risponde. Spero di cuore che mi scriva: "è stata solo una botta di caldo".
AGGIORNAMENTO: NON CE LO SIAMO GIOCATO, PER FORTUNA

Eco ha risposto: "Non è un hacker fascista ma sono io che ho fatto una parodia del peggiore radical chic. La sua divertente parodia della piccola borghese mi fa capire che non sempre l'ironia rende. Ma lo dicevo in fine: al giorno d'oggi ...non ci sono questioni più serie di cui parlare."

martedì 10 novembre 2009

Povero Cristo

Quando sono andata in prima media, dietro la cattedra c'era il crocifisso. L'insegnante di matematica entrò in aula e per prima cosa ci ordinò di fare il segno della croce.
Per me era normale, c'ero abituata dalle elementari. La maestra che ho avuto per cinque anni, Benita Bianchini Moro, ci faceva dire una preghiera tutte le mattine, all'inizio delle lezioni. E' una donna eccezionale che, senza darsi arie, è riuscita a insegnare a tutti, dico a tutti, anche a chi era nato con il quoziente intellettivo di un pesce rosso o in una famiglia di delinquenti o, come me, era già nevrotica persa, a leggere, scrivere e far di conto e, cosa più importante, a rispettare tutti gli altri, non tanto a parole ma dandoci l'esempio, perché trattava ciascun allievo come una creatura unica e speciale.
Quindi, dicevo, per me pregare era una cosa normale e, soprattutto, bella e giusta. Non immaginavo che Gesù potesse rappresentare qualcosa di diverso dal bene assoluto.
Ma la professoressa di matematica, di cui non faccio il nome perchè è meglio consegnare la sua memoria al disprezzo dell'oblio, dopo averci fatto fare il segno della croce, non iniziò l'Ave Maria, come faceva la signora Bianchini. Si avvicinò a un ragazzino all'ultimo banco, che, scoprii poi, veniva sempre a scuola con la stessa tuta da ginnastica azzurra, i mocassini e puzzava, lo prese per un braccio e gli urlò: "Non ti sai neanche fare il segno della croce! " Non so se avesse usato la sinistra o se avesse cominciato dalla spalla sbagliata. Fu bocciato. A quella donna il segno della croce serviva a individuare subito i figli di Dio più deboli e più facili da umiliare.
Guardai Gesù sul muro, dietro la cattedra, e scoprii una realtà terribile: poteva venir usato come strumento contro qualcuno. E meno male che in classe non c'era nessuno che apparteneva una minoranza religiosa.
Per mia fortuna, a dire messa nella mia parrocchia veniva don Gino Rigoldi, a dirigere l'oratorio c'era don Danilo Muzzin, un prete dal cuore grandissimo che adesso si sta godendo in Paradiso tutto il bene che ha fatto e avevo pure una catechista eccezionale, Giulietta Cremonesi, convertita dall'ebraismo e forte nella fede e nelle sue ragioni. Se non ci fossero stati la signora Bianchini, don Gino, don Danilo e Giulietta, forse, sarei tra quelli che vogliono togliere i crocifissi dalle aule e vietare le messe nelle scuole pubbliche.
Perché è vero che Gesù in croce rappresenta solo l'amore, la giustizia, la libertà di un uomo che si è offerto in sacrificio per tutti noi, anche per chi non crede che fosse Dio, come ha detto benissimo Fabrizio De André con questa canzone. E per difendere la sua presenza ci sono mille ragioni laiche e umane.
Ma è anche vero che, tra chi lo vuole appeso al muro c'è chi nutre la speranza che serva a far sentire un po' più esclusi e a disagio i bambini venuti qui da lontano, per sfuggire a un destino di miseria e magari di morte.
A fare ricorso contro il crocifisso nelle aule è stata una signora finlandese, insieme al marito italianissimo. E' atea razionalista, non musulmana. Ma Internet è piena di commenti che danno la colpa agli immigrati.
Non oso immaginare cosa pensa Gesù, di chi brandisce la sua immagine come una clava contro i poveri cristi e li vorrebbe appendere alla croce dell'emarginazione e del rifiuto.
Forse è importante che l'immagine di Gesù resti appesa dietro le cattedre, ma sarebbe più importante che, se non la fede in lui almeno qualcosa del suo insegnamento, fossero nei cuori e nelle teste di chi siede su quelle cattedre e sugli scranni dei magistrati e a Montecitorio e a Palazzo Chigi. Se fosse così, forse nessuno chiederebbe di toglierlo.
Battutaccia finale, se no il post è troppo serio:
La Lega difende il crocifisso. Fa sempre piacere vedere un extracomunitario che soffre.
O anche:
Forza Nuova difende il crocifisso. Fa sempre piacere vedere un ebreo che soffre.

venerdì 17 luglio 2009

Il Disinformatico: Ilenia Visca non �un hacker, �una vittima

Il Disinformatico: Ilenia Visca non �un hacker, �una vittima

Vittime dello scemo del villaggio globale

Ilenia Visca e Paolo Monasterolo sono vittime di diffamazione a mezzo internet.
Un individuo, probabilmente privo di vita sessuale e intellettuale, non ha trovato di meglio che inventarsi un appello in cui li dipinge come pericolosi hacker e diffonderlo su Facebook. La pessima ed endemica abitudine di inoltrare qualsiasi sciocchezza compaia nel proprio account senza fare un minimo di verifica o almeno di riflessione logica, ha fatto il resto. Ilenia e Paolo sono stati costretti a cancellarsi dal social network. I dettagli li trovate nel sito del benemerito Paolo Attivissimo.
A chi ha diffuso questa fesseria (o quelle, analoghe, che hanno danneggiato altri innocenti) vorrei far presenti due cose:
  1. Secondo voi un hacker usa il proprio vero nome, invece di uno psuedonimo qualsiasi, da cambiare appena viene sgamato?
  2. Leggetevi bene l'articolo 594 del codice penale. Guardate che internet non è un'oasi di impunità. Siete responsabili di quello che scrivete o inoltrate. Prima o poi a qualcuno gireranno seriamente le scatole e gli verrà voglia di prendere un avvocato. E la scusa "ma me l'ha detto mio cuggino..." difficilmente commuoverà il giudice

martedì 14 luglio 2009

Harry Potter e il Principe Mezzosangue


Quello che arriva domani nelle sale italiane è il migliore dei sei film di Harry Potter: questo, di per sè, non vuol dire nulla, dato che gli altri cinque ricadono nella categoria "se non si ha di meglio da fare, si può anche vedere" e non rendono per nulla giustizia alla complessità e al fascino dei libri di J.K. Rowling.
Ma Harry Potter e il Principe Mezzosangue emoziona davvero, spaventa il giusto (troppo per i più piccini) e ha sorpreso anche chi conosce il romanzo a memoria, perché, per esempio, non è Tonks a salvare Harry sull'Hogwarts Express e non è Rufus Scrimgeur a rovinare il Natale a casa Weasley.
Lo sceneggiatore Steve Klowes si è preso grandi libertà rispetto alla storia scritta e ha fatto bene. Severus Piton è meno ambiguo (tanto sappiamo tutti da che parte sta, nel 2007 l'hanno detto persino i telegiornali) e Albus Silente più paterno, al punto che si interessa alla vita sentimentale di Harry.
Del resto, c'è qualcuno che preferisce il noiosissimo Pinocchio di Benigni, fedele al libro Collodi, alla liberissima e indimenticabile reinvenzione di Walt Disney? o che vorrebbe che il finale di Shining di Stanley Kubrick fosse uguale a quello del romanzo di Stephen King, commovente sulla carta ma impossibile da raccontare per immagini?
Gli unici delusi a buon diritto saranno i fan di Fleur Delacour, che non la rivedranno: il suo amore per Bill Weasley è stato sacrificato del tutto, come le altre trame secondarie, al ritmo perfetto della sceneggiatura.
In compenso, Bellatrix Lestrange (in alto a destra), con lo splendido sguardo allucinato di Elena Boham Carter e la voce dolcemente folle di Laura Boccanera, vale da sola il prezzo del biglietto. Una cattiva indimenticabile, con il fascino di Hannibal Lecter e la maestà di Darth Vader.